L’impatto delle modifiche delle nostre abitudini sul comportamento e sulla coppia
Quello che stiamo vivendo in questo periodo è qualcosa di eccezionale. Una limitazione che col protrarsi mette ognuno di noi sotto stress. Lo stress è un meccanismo di regolazione innato che consente all’organismo di rimodulare le reazioni in determinate circostanze e per fronteggiare gli stressors. Ciò scatena delle reazioni neuroendocrine con la secrezione di vari ormoni tra cui il cortisolo definito in senso stretto ormone dello stress (H. Selye 1936).
John Mason dimostrò come la produzione di ormoni da parte della ghiandola surrenale, a seguito della stimolazione dell’ipofisi (attivazione dell’asse ipofisi-corticosurrene), caratteristica dello stress, fosse data non dalla semplice esposizione all’evento stressante, ma fosse invece specificamente innescata dalla reazione emozionale indotta dagli stimoli stessi. La sequenza è quindi la seguente: stimolo → reazione
emozionale → produzione ormonale. Infine, Mason dimostrò come a livello fisiologico lo stress
è una risposta multi-ormonale il cui significato sostanziale è quello di permettere un miglior
adattamento dell’organismo in condizioni particolari di richiesta ambientale. Tuttavia quando il processo di adattamento non avviene, possono insorgere delle serie conseguenze, determinati per l’organismo sia dal punto di vista fisico che psichico. La quarantena forzata modifica profondamente le abitudini, lo stile di vita delle persone. Dalla mancanza della semplice stretta di mano, alla distanza sociale, fino alla “reclusione” forata in casa. Tutto ciò innesca un meccanismo di frustrazione. La frustrazione è un’ottima deputata all’avviamento di un meccanismo emozionale.
Dal punto di vista psicologico l’impossibilità di relazionarci con le altre persone, aspetto tra l’altro programmato biologicamente, crea una serie di conseguenze negative. In altre parole la vicinanza con le altre persone procura un senso di benessere. Molti studi effettuati sugli animali indicano quanto il contatto, la relazione sia un “bisogno” (Harlow 1958) al pari di quelli primari (fame, sete, sessualità).
Durante la quarantena, alla frustrazione si accompagnano: cattiva alimentazione, noia, senso di spossatezza, agitazione, depressione, fino all’emissione di comportamenti ansiosi con o senza attacchi di panico. L’isolamento induce un senso di ritiro, aumenta dentro di noi la percezione di disagio, alimentato tra l’altro, dalle continue informazioni negative che provengono dai media. Tutto ciò scatena dentro l’essere umano un’emozione atavica e primordiale. La paura. Paura di essere soli, la paura dell’abbandono, la paura di non avere via di scampo (attacco di panico). In senso generale la paura di per sé non è negativa. È una emozione fondamentale, appetitiva, cioè che prepara all’azione, quindi ad un livello ottimale serve a prendere le opportune precauzioni (igiene, strumenti di protezione, restare chiusi in casa, distanza di sicurezza ecc.). La questione si complica quando la paura aumenta di intensità diventa terrore, panico in quel caso è disfunzionale. Le emozioni hanno come caratteristica oltre alle modifiche neurovegetative, quelle cognitive e comportamentali, quindi ci fanno ragionare in maniera diversa, in preda al panico perdiamo la lucidità mentale e rischiamo di emettere comportamenti errati. Tutto ciò ha un impatto negativo sulla nostra esistenza e su chi ci sta intorno. Il rischio concomitante è quello di “contagiare” le persone con cui siamo a stretto contatto (familiari, figli).
L’impossibilità di svolgere le attività routinarie riduce di parecchio il nostro campo di azione suscitando apprensione e frustrazione. L’impossibilità di salutare le persone con la stretta di mano o di trovarsi semplicemente in luoghi di ritrovo, attiva dentro di sé quella sensazione primordiale dell’abbandono, di distacco. Un po’ quella che provano i bambini quando si allontanano dai genitori. Angoscia da separazione. Pertanto si attiva un segnale specifico che appartiene alla nostra storia esistenziale e rappresenta, in termini psicoanalitici, una regressione.
Tutto ciò avvia una serie di risposte da parte del nostro organismo con la manifestazione di veri e propri sintomi associabili ad esempio allo stress post traumatico, alla depressione, allo stato di confusionale, comportamenti disadattivi, difficoltà nella gestione degli impulsi fino all’uso e all’abuso di sostanze come ad esempio l’alcool. Gli effetti psicologici dell’isolamento possono diventare significativi se questo si protrae a lungo. La gravità dei sintomi è direttamente proporzionale quindi alla durata dell’isolamento. È possibile che i sintomi ad esempio da stress post traumatico quelli più comuni in questo caso, possono manifestarsi anche a distanza di mesi o di anni dopo la conclusione della “quarantena”.
Questa condizione di disagio può avere un impatto destabilizzante anche per la coppia. Infatti è proprio la coppia a subire maggiore sollecitazione durante l’isolamento per effetto della “forzata” convivenza col proprio partner. In alcuni casi può portare all’attivazione di dinamiche psicologiche distruttive attenuate e sopite dalla ordinarietà della vita dei due coniugi: il lavoro, impegni sociali, il tempo libero, attività di svago, le attenzioni rivolte a figli. Molte volte proprio la gestione dei figli rappresenta un terreno di scontro a causa delle differenze nell’approccio educativo che hanno i due partner. È interessante notare che questa condizione è più facilmente osservabile in coppie giovani rispetto a coppie più anziane. Per quest’ultime la lunga convivenza li porta a somigliarsi molto, pertanto diventano più propensi a tollerarsi a vicenda. Infatti le persone anziane, al di là delle limitazioni oggettive, sono più tolleranti all’isolamento e alla convivenza forzata. Sviluppano meno insofferenza rispetto alla convivenza forzata, mentre sintomi di depressione e altri disagi possono essere legati ad altre difficoltà come ad esempio malattia di uno dei partner ospedalizzazione o morte. Invece in quelle più giovani la carica aggressiva se mal gestita può portare all’esplosione della dinamica di coppia fino alla separazione. Di conseguenza la frustrazione che il singolo partner vive per la condizione di disagio fa agire nei confronti del partner la propria aggressività. Questo innesca una dinamica disfunzionale e talvolta patologica che porta i due partecipanti a mettere in atto la stessa dinamica innescata, il più delle volte, da questioni banali. In alcuni casi può esserci una incapacità a tollerare “l’altro”, che può portare la coppia ad entrare in conflitto per possibili motivi di disaccordo. L’impossibilità di trovare soluzioni a causa dell’irrigidimento delle rispettive posizioni, mancanza di capacità comunicativa, di mediazione, li spinge all’inasprimento delle proprie posizioni. Al contrario questo meccanismo non si manifesta in assenza di quarantena, perché “normalmente” la coppia è soggetta ad una tolleranza infinita che rimanda ad un atteggiamento del tipo “lasciamo correre”, “per quieto vivere”. Purtroppo però nel tempo compaiono risentimento, rancore e quindi relativo disagio. Ecco che in casi straordinari, come l’emergenza che stiamo vivendo, e quindi la convivenza forzata, porta a galla antichi avversioni è dissapori mai elaborati, posizioni mai conciliate fino a far scoppiare la dinamica di coppia.
Anche la comunicazione svolge un ruolo fondamentale. Una cattiva comunicazione, disfunzionale, ambigua o peggio ancora di squalifica spinge i due partner ad esasperare la loro posizione e a trasformare l’ambiente familiare in un campo di battaglia. Una condizione particolarmente difficoltosa, non solo da gestire ma talvolta anche da capire è quella che in termini tecnici viene definita “punteggiatura” di una sequenza comportamentale. Nelle sequenze comunicative, il succedersi degli scambi costituiscono una catena di anelli in cui ogni anello (scambio) rappresenta lo stimolo, la risposta e il rinforzo. Punteggiare una sequenza, significa assumere una prospettiva deterministica di casualità lineare e non in termini di casualità circolare. Inoltre punteggiando arbitrariamente il ruolo di oggetto e soggetto si giunge a ritenere il proprio comportamento un effetto del comportamento dell’altro e viceversa. A seconda del punto in cui si inizia la catena associativa si rintraccia la causalità attribuita. Una sequenza potrebbe essere questa, il marito riferisce alla moglie: “non ti parlo perché tu sei sempre arrabbiata” la moglie dal canto proprio potrebbe rispondere: “Io sono sempre arrabbiata perché tu non mi parli”. In un’ottica individuale entrambi possono avere ragione. Soprattutto se si utilizza un punto di inizio arbitrario. Tuttavia, interessante è capire da dove inizia (e non da chi) la punteggiatura. Perché in realtà la dinamica disfunzionale è stata creata da entrambi. Il più delle volte non si riesce ad uscire fuori da questo circolo vizioso e quindi si ricade nei “lasciamo correre”. Una esasperazione del conflitto, come quella che potrebbe avvenire durante la quarantena può sfociare in una separazione conclusiva.
Quindi come affrontare questo momento di isolamento forzato dal punto di vista individuale e per la salute della coppia? È bene senz’altro mantenere contatti con l’esterno. Al momento possiamo farlo comodamente utilizzando gli strumenti multimediali. In questo caso possono fungere da catalizzatore rispetto alle frustrazioni che l’isolamento produce. Ma questo non basta è importante utilizzare in maniera positiva il tempo a disposizione. Ad esempio pianificare, progettare. E quale occasione migliore per ritrovare la complicità nella coppia. Discutere, valutare possibilità, vagliare opportunità. In questo modo è possibile riequilibrare il sistema coppia senza cadere in dinamiche perverse e distruttive, ma utilizzare lo scambio e la comunicazione con valore costruttivo. Ritrovare gli spazi personali. Prendersi cura di sé stesse mettersi al centro della propria attenzione. Considerare noi stessi come parte importante della relazione, vivere una buona sessualità fatta di erotismo e seduzione e non già la semplice soddisfazione pulsionale. La sessualità offre un beneficio anche dal punto di vista ormonale. Infatti il rapporto sessuale stimola la secrezione di endorfine e dopamina (ormone della felicità), che sono delle “droghe” naturali che alimentano il benessere individuale e della coppia. Inoltre rappresenta un momento importane, direi quasi fondamentale, che spinge i coniugi a ristrutturare il loro legame a viverlo appieno senza il timore di scivolare nel narcisismo personale. Ritrovare quella giusta dimensione emotiva ed affettiva giuoca un ruolo rilevante.
Infine prestare molta attenzione alla comunicazione affiche sia efficace e non semplicemente uno scambio di informazione. Sia in termini di coppia che di famiglia: nella gestione dei figli, del management familiare, nell’organizzazione del lavoro ecc. E dal momento che la comunicazione è il vettore principale della nostra relazione, che è impossibile non comunicare e non è importante quello che si dice ma come si dice allora cerchiamo di farlo nella maniera giusta.